L’abuso del diritto in materia doganale
Autor(a) principal: | |
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Data de Publicação: | 2018 |
Tipo de documento: | Artigo |
Idioma: | eng |
Título da fonte: | Economic Analysis of law Review |
Texto Completo: | https://portalrevistas.ucb.br/index.php/EALR/article/view/8920 |
Resumo: | In Italia il tema dell’abuso del diritto è stato spesso affrontato, da dottrina e giurisprudenza, con riferimento all’imposizione diretta e Iva, ma rimane ancora poco esplorato in ambito doganale. La Corte di Giustizia, con alcune pronunce, ha da tempo delineato tale concetto, chiarendo che i singoli, anche negli scambi internazionali, non possono raggirare i dazi dovuti, avvalendosi fraudolentemente o abusivamente delle norme dell’Unione europea, al solo fine di conseguire indebiti vantaggi fiscali in importazione o in esportazione. Tale principio è stato recentemente ribadito dalla Corte di Cassazione, la quale, con la sentenza 27 gennaio 2017, n. 2067, dopo aver individuato i confini dell’abuso del diritto in materia doganale e i requisiti in base ai quali il comportamento di un operatore può invece ritenersi legittimo, ha rinviato la controversia al giudice di merito, perché valuti, nel concreto, se le operazioni sono effettivamente prive di giustificazione economica e commerciale. Nel caso di specie, la società accertata, operante nel settore ortofrutticolo, aveva esaurito la quota di contingente previsto dal proprio certificato Agrim per importare aglio a dazio ridotto dall’Argentina. Per tale motivo, la merce è stata acquistata da un’altra azienda, la quale, a sua volta, l’ha ceduta, allo stato estero, a un altro soggetto nazionale, che aveva il titolo per immettere in libera pratica i beni, usufruendo dell’agevolazione tariffaria. Importati i prodotti, questi sono stati acquistati da una terza ditta, che, infine, li ha venduti alla società accertata, ritenuta dall’Ufficio l’importatore effettivo e, pertanto, il reale debitore d’imposta. Attraverso tale meccanismo, l’operatore è riuscito ad acquistare aglio a dazio agevolato, per quantità superiori a quelle spettanti in base al proprio certificato di importazione. L’Agenzia delle dogane ha contestato tali operazioni, considerandole a priori abusive, giacché il comportamento della società avrebbe avuto unicamente lo scopo di aggirare il divieto, previsto dal legislatore comunitario, di trasferire i diritti derivanti dai titoli Agrim.Sulla questione si è espressa la Corte di Cassazione, la quale, in linea con la giurisprudenza comunitaria, non soltanto ha precisato la nozione di abuso del diritto in materia doganale, ma, in assenza di una norma specifica, ha altresì fornito importanti indicazioni, sia all’Amministrazione che agli operatori, per valutare, nel concreto, la legittimità delle importazioni. |
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