Riflessioni sull'evoluzione e statuto della letteratura poscoloniale italiana in relazione al caso di Timira

Detalhes bibliográficos
Autor(a) principal: Literatura Italiana Traduzida
Data de Publicação: 2022
Outros Autores: Gritti, Fabiano
Tipo de documento: Artigo
Idioma: por
Título da fonte: Repositório Institucional da UFSC
Texto Completo: https://repositorio.ufsc.br/handle/123456789/240145
Resumo: In ben pochi campi di studio è presente il tema del rapporto tra periferia e centro come nel caso degli studi di letteratura postcoloniale, dove non è certo un’esagerazione affermare che tali dinamiche ne costituiscano l’essenza stessa. Nel presente articolo proponiamo una riflessione sullo statuto di questo campo di studio con riferimento esclusivo alla situazione italiana. In particolare ci si rifarà a Timira: romanzo meticcio[1] come esempio recente di romanzo che pur richiamandosi esplicitamente fin dal titolo alla categorizzazione postcoloniale allo stesso tempo quasi provocatoriamente pare negarne le più evidenti caratteristiche, e infatti da più parti è stata messa in discussione l’appartenenza del romanzo a questa categoria. Innanzitutto l’ispiratrice stessa del romanzo e principale protagonista, Isabella Marincola che si farà chiamare Timira dopo il trasferimento dall’Italia alla Somalia, pur avendo fatto parte del collettivo di tre scrittori e avendo anche scritto direttamente alcuni capitoli non compare tra gli autori in copertina. Appaiono invece due autori dei quali il primo e più noto è un italiano, uno scrittore del collettivo Wu ming, Wu Ming 2 alias Giovanni Cattabriga, che etnicamente e culturalmente non ha avuto direttamente a che fare con le vicende dell’emigrazione somala in Italia e il secondo è Antar Mohamed, il figlio di Timira-Isabella Marincola, che essendo un immigrato di seconda generazione per alcuni studiosi non potrebbe essere classificato come autore postcoloniale[2]. La stessa Timira essendo cresciuta in Italia potrebbe essere considerata una emigrata somala di seconda generazione, quindi secondo questa logica non potrebbe essere considerata autrice di letteratura postcoloniale, come vedremo. Inoltre Timira pur essendo di origine somala non padroneggiò pienamente altra lingua che l’italiano, e anche se ciò non vale per il figlio non è comunque presente nel testo alcuna traccia della lingua somala, come invece accade in altri testi di letteratura postcoloniale. Linguisticamente il romanzo non presenta alcuna difficoltà, nessuna opacità, non ci sono vocaboli in somalo e neppure slittamenti semantici come invece accade per altri scritti postcoloniali. I due autori somali sono e si sentono culturalmente italiani, come tali vorrebbero essere accettati. Viene però mantenuto il carattere opposizionale tipico della letteratura postcoloniale, seppure giochi essenzialmente sul piano culturale piuttosto che su quello linguistico. Nonostante queste riserve siamo convinti che il modello del romanzo Timira potrebbe essere un utile esempio ispiratore per una più allargata definizione del campo della letteratura postcoloniale.
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